L'impianto geotermico
Gli impianti geotermici a bassa entalpia sfruttano la differenza di temperatura fra il suolo e l’aria ambiente. Con il termine “geotermia a bassa entalpia” si fa riferimento ad uno scambio di calore con il sottosuolo a bassissima temperatura e si differenzia da quella classica con temperature del sottosuolo superiori ai 40°C. Già dalla profondità di qualche decina di metri la temperatura del suolo diventa sostanzialmente stabile, risentendo in maniera minima delle fluttuazioni della temperatura dell'aria in superficie. Quindi poiché in inverno il terreno è più caldo dell'aria esterna e in estate è più freddo, lo scambio termico, effettuato con una pompa di calore, è energeticamente conveniente. Nella maggioranza dei casi il sottosuolo ha una temperatura pressoché costante che in Italia oscilla fra i 12 e i 14°C. In generale, questa temperatura si mantiene costante a partire da 10 m fino a 100 m di profondità (il primo strato risente delle escursioni termiche giorno/notte-estate/inverno). Al di sotto di 100 m la temperatura inizia a salire intorno ai 3 gradi per ogni 100 m di profondità.
Gli impianti geotermici si distinguono in due gruppi in funzione della diversa sorgente termica esterna utilizzata:
► impianti a circuito chiuso ove lo scambio di calore avviene direttamente con il terreno attraverso sonde geotermiche (verticali o orrizzontali);
► impianti a circuito aperto ove lo scambio di calore avviene con l'acqua di falda presente nel sottosuolo attraverso pozzi di emungimento.
Un impianto geotermico è poi composto di tre elementi tecnologici:
-
sonde geotermiche o pozzi: elemento, indispensabile, di questo tipo di impianto. Quando si parla genericamente di “impianti geotermici" di riscaldamento e raffrescamento, senza ulteriori precisazioni, ci si riferisce ad impianti in cui lo scambio con il sottosuolo avviene con sistemi di scambio termico realizzati per gli impianti closed-loop (a circuito chiuso), orizzontali e verticali. La profondità mediamente raggiunta varia da regione a regione, e dipende dal tipo suolo. In Germania ad esempio per legge non si puo scendere sotto i 100 m, mentre in Svizzera, paese con la maggiore densità di scambiatori verticali nel mondo, si va dai 50 ai 350 m con la tendenza ad aumentare la profondità per sfruttare al meglio le temperature piu elevate del terreno, visto che le necessita di raffrescamento sono meno marcate rispetto ad altre situazioni climatiche. In Lombardia la profondità normalmente raggiunta è 100-150m. La tipologia degli scambiatori nelle sonde più usata è la soluzione ad U, adottata nella maggior parte dei casi con tubi in polietilene ad alta densità HDPE oppure reticolato. Si tratta di sistemi con elevata affidabilità e con meno guasti in assoluto. La scelta di questa tipologia di sonda è frutto di una selezione basata su un trade-off di caratteristiche tecniche, praticità e costi di realizzazione;
-
una o più pompe di calore: di norma sono reversibili e funzionano in ciclo estivo come condizionatori e sono concepite con questa caratteristica duale nella loro progettazione. Le pompe di calore elettriche a compressione sono basate su un ciclo frigorifero inverso a compressione, funzionalmente identico ad un ciclo frigorifero, solo che sono utilizzate per ottenere anche un effetto opposto: se nel ciclo frigorifero per raffreddare un edificio si riversa nell'ambiente esterno del calore, nel caso del ciclo in pompa di calore si riscalda l'edificio assorbendo il calore ad esempio dall'aria esterna o dal sottosuolo (o “cedendo” freddo). Per realizzare le pompe vengono utilizzati diversi tipi di tecnologie: compressori alternativi – simili a quelli dei frigoriferi - compressori spiroidali Scroll, realizzati per la prima volta nel secondo dopoguerra, compressori a vite, compressori a palette e anche compressori centrifughi. Per grandi impianti e basse temperature dell’aria si sfruttano anche compressori mossi da motori endotermici. Questa soluzione offre il vantaggio rispetto a quella a motore elettrico del recupero termico sul raffreddamento e sui gas di scarico del motore endotermico;
-
un sistema di accumulo e distribuzione del calore: gli impianti geotermici sono particolarmente adatti per lavorare con terminali di riscaldamento/ raffrescamento funzionanti a basse temperature (30-50 °C) come ad esempio i pannelli radianti a pavimento e i ventilcovettori. In particolare i pannelli radianti sono la soluzione ideale, poiché in inverno fanno circolare acqua calda a 30-35 °C e in estate acqua fredda a 18-20 °C, riscaldando e raffrescando con il massimo grado di comfort e risparmio energetico. I tradizionali radiatori risultano in genere meno efficienti per riscaldare gli ambienti e assolutamente inadatti per raffrescarli. La presenza di un serbatoio di accumulo per l’acqua calda risulta indispensabile per immagazzinare il calore e quindi distribuirlo all’edificio, sia per il riscaldamento che per gli usi sanitari, quando vi è richiesta.